Continuiamo a parlare di intolleranze alimentari. Trovate la prima parte dell’articolo -> QUI.
La scorsa settimana abbiamo discusso della mancanza di interesse della medicina moderna verso questo mondo poco conosciuto e di come le intolleranze siano dunque diagnosticate e curate con metodi quasi sempre poco ortodossi, senza alcuna base scientifica e spesso con solo scopo di marketing da figure professionali tutt’altro che serie e qualificate.
Le diete ad eliminazione sono efficaci?
Solitamente, la soluzione adottata per curare le cosiddette intolleranze alimentari, è quella di eliminare completamente i singoli cibi dalla dieta del paziente fino al miglioramento dei sintomi, per poi procedere – dopo alcuni mesi – ad una graduale reintroduzione.
Questo modo di procedere, in moltissimi casi porta a conseguenze non sempre positive:
- Il problema non viene risolto, o viene risolto solo parzialmente;
- Se, invece, i sintomi scompaiono, il rischio di reazioni anche più gravi con la successiva reintroduzione dei cibi incriminati è altissimo;
- Aumenta notevolmente il livello di stress percepito dalla persona che deve convivere per molti mesi con una lunga lista di cibi da escludere dalla sua alimentazione;
- Si incorre in un elevato rischio di carenze alimentari che possono aggravare uno stato di salute già precario o addirittura slatentizzare patologie che altrimenti avrebbero potuto rimanere silenti per tutta la vita.
Cosa non va?
- Vengono eliminati innumerevoli cibi (ad esempio ceci, kiwi, pomodori, grano, latte vaccino … ) senza che venga analizzata la loro categoria di appartenenza e quindi con il rischio di continuare ad introdurre cibi che mantengono lo stato infiammatorio attivo;
- Il sistema immunitario non viene aiutato a fare nuovamente amicizia con il cibo in modo lento, graduale e fin da subito in modo che non perda del tutto la memoria immunitaria;
- Nella maggior parte dei casi il paziente non viene istruito su come evitare le carenze (ad esempio su come introdurre la giusta quantità di calcio nel caso vengano eliminati latte e derivati);
- Non vengono prese in considerazione né curate le numerose possibili cause del problema (stress, salute intestinale, inquinamento ambientale, sostanze nocive nei prodotti per la cura della persona, conservanti e additivi alimentari, equilibrio ormonale … ).
Recuperare la tolleranza alimentare
Eccolo il segreto per uscire vincenti da questa “battaglia” con il cibo: recuperare la tolleranza alimentare.
Il cibo non è un nemico e, agendo con intelligenza e rispetto nei confronti del corpo e dei suoi segnali, possiamo lasciare al sistema immunitario il tempo di fare nuovamente amicizia con esso; come in un secondo svezzamento, reintroducendo le categorie di alimenti problematiche al’interno di un programma personalizzato.
Infiammazione, approccio mentale e rimedi naturali
Al graduale recupero della tolleranza alimentare precedentemente citato, sarà essenziale aggiungere:
- Una corretta gestione dello stress (sia del proprio stile di vita che “mentale”);
- Il ripristino della salute dell’intestino, del fegato e di un corretto equilibrio ormonale;
- L’assunzione di cibi antinfiammatori;
- Un’eventuale supplementazione con rimedi naturali di supporto al sistema immunitario, alla depurazione e anche di integrazione alla dieta stessa.
Conclusioni
Sicuramente il problema delle intolleranze alimentari è un fatto reale e in costante aumento dal punto di vista della pratica clinica, diversamente da ciò che afferma la medicina ufficiale. Tuttavia, in questi anni si è purtroppo trasformato più in un business che in uno strumento per aiutare le persone a ritrovare la salute.
Credo che ancora molta strada si debba fare, soprattutto come professionisti sanitari, anche a costo di andare controcorrente. Invece che fare delle intolleranze il perno del proprio lavoro, sarebbe più onesto ammettere che la maggior parte delle persone NON soffre di intolleranza, ma ha solo bisogno di mangiare meglio, o meno, o di gestire in modo più efficace lo stress, fare sport e riequilibrare i propri ormoni; e che le persone che soffrono realmente di intolleranza sono in realtà solo un piccola percentuale.
Purtroppo, questo modo di pensare è scomodo e non viene accettato nemmeno dagli stessi pazienti che, troppo spesso, preferiscono delegare all’esterno (“Sono intollerante”) la causa dei loro problemi piuttosto che prendersi la responsabilità delle loro azioni e della loro salute (“Dovrei dormire di più, mangiare meglio, cambiare lavoro …”).
Fortunatamente i tempi stanno cambiando, le persone sono sempre più consapevoli e stanno iniziando a fare scelte diverse, prendendosi cura della loro salute in modo sempre più naturale ed olistico.
Poi ad ognuno le sue riflessioni.
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