Purtroppo, durante le visite in ambulatorio, mi trovo a parlare con una quantità di persone che vivono la dieta come soluzione alla NON accettazione del loro corpo; e quel che è peggio è che queste non sono così poche come potreste supporre. Anzi.
Alcune di loro arrivano addirittura a provare disgusto verso se stesse e usano il cibo come vera e propria punizione, sia in senso di eccesso alimentare, che di restrizione.
La maggior parte di loro sono donne, ma gli uomini non sono esenti da questo genere di problematiche.
Non possono essere considerati veri e propri Disturbi del Comportamento Alimentare (come anoressia nervosa, bulimia nervosa o disturbo da alimentazione incontrollata), e nemmeno disturbi alimentari cosiddetti “sotto soglia”, ma sono a mio parere il manifestarsi di un malessere interiore che la nostra società non fa altro che alimentare, giorno dopo giorno, imponendo canoni di bellezza esasperati, omologati, spesso malsani.
Sono andati persi il valore e l’unicità di ogni singolo individuo. Abbiamo dimenticato di Amarci.
E cosa succede quando il cibo diventa punizione? Quando decidiamo di metterci a dieta (anche andando da un professionista) perché non ci accettiamo, non ci vogliamo bene?
Solitamente lo schema di pensiero è:
“Mi privo del cibo che mi piace perché fa ingrassare, e io… ormai *faccio schifo*. […]
Tra qualche mese finalmente sarò bella, potrò vestirmi come voglio, uscire con gli amici, andare in spiaggia, essere corteggiata… Essere Felice.”
Secondo voi, quale potrebbe essere il risultato di questo ragionamento e delle convinzioni che vi sono alla base?
Abbiamo varie opzioni:
- Riesco a dimagrire, esco con gli amici, mi godo l’estate, mangio come mangiano tutti perché “ora me lo posso permettere”.
Ma nel giro di tre mesi ho recuperato i Kg persi, mi vedo peggio di prima, mi sento depressa, mi odio sempre di più. Rientro nel circolo vizioso privazione-abbuffata; - Riesco a dimagrire ma ho così paura di ingrassare che preferisco evitare le situazioni potenzialmente “a rischio”, come cene, aperitivi, pranzi in compagnia, e quindi continuo a sentirmi insoddisfatta della mia vita;
- Riesco a dimagrire ma non riesco ad uscire con gli amici, a farmi vedere in spiaggia, perché continuo a vedermi grassa; il mio ideale di bellezza è sempre un gradino più in là di dove sono riuscita ad arrivare; penso di poter migliorare ancora un po’ e poi, dopo, potrò uscire;
- Mentre sono a dieta, esco con gli amici, cerco di non pensarci troppo, ma in realtà sono così preoccupata per il cibo, il peso e le forme del mio corpo che non riesco a pensare ad altro, ho paura di ingrassare, mi vergogno, non riesco a socializzare; i miei unici interessi sono il cibo e il peso corporeo e non riesco a fare amicizia, le altre persone si divertono sempre meno in mia compagnia e inizio a convincermi di non valere nulla. Inizio a preferire la solitudine e le mie “passioni” (modi per dimagrire, per smaltire le calorie ecc…) piuttosto che la vita sociale.
E queste sono solo *alcune* delle possibili evoluzioni del problema.
In molti casi si può arrivare ad un DCA (Disturbo del Comportamento Alimentare) conclamato.
E la dieta centra. Eccome se centra.
Per questo i professionisti abilitati dovrebbero prestare molta attenzione prima di consegnare uno schema alimentare a qualunque persona. Non solo cercare di ascoltare e capire l’individuo e tutto il suo mondo che si trovano di fronte in ambulatorio, ma anche riuscire a stilare una dieta che tenga conto dei vari aspetti della vita di una persona, quello psicologico in primis.
Tuttavia, sebbene il “mettersi a dieta” (seguiti da uno specialista o con il fai-da-te) sia un fattore indispensabile per l’esacerbarsi di un DCA, va detto che ciò che è realmente problematico, in realtà, è la situazione psico-fisica di partenza.
Se non viene riequilibrato il rapporto che la persona ha con se stessa e il proprio corpo, l’esito difficilmente potrà essere positivo.
Il presupposto è – e sarà sempre – l’Amore.
Prima di tutto ACCETTARSI (che non significa “rassegnarsi”!) e VOLERSI BENE. Da subito; per quel che si è.
Accettare la situazione attuale come il risultato delle nostre azioni precedenti, a loro volta frutto di un vissuto, di convinzioni/informazioni/esperienze passate.
Inutile incolparsi.
Perdoniamoci completamente. Vogliamoci bene. Amiamoci. Qualunque cosa abbiamo fatto al nostro corpo.
Solo dopo, possiamo rimboccarci serenamente le maniche con l’obiettivo di creare un piano d’azione basato sul Rispetto e l’Amore per noi stessi, che ci permetta di migliorarci e di stare sempre meglio, nel nostro corpo e nel mondo.
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